FEMMINICIDIO

lunedì 11 maggio 2009

FEMMINICIDIO DI BARBARA CICIONI: ENTRO UNA SETTIMANA LA SENTENZA


FEMMINICIDIO DI BARBARA CICIONI: ENTRO UNA SETTIMANA LA SENTENZA

E' iniziata oggi la settimana conclusiva del processo di primo grado per il femminicidio di Barbara Cicioni. La Corte d'Assise entro lunedì prossimo dovrebbe arrivare a sentenza.

« Questo è, il femminicidio è ogni metodo sociale di egemonia maschile usato per distruggere i diritti, le potenzialità, le abilità, delle donne e il potere di vivere in sicurezza. È una forma di abuso, attacco, invasività, molestia, che degrada e subordina la donna. Conduce a uno stato di paura perenne, frustrazione, isolamento, esclusione e pregiudica la possibilità femminile di essere padrone della propria vita. Questa definizione vendica l’esclusione delle donne, scrivendone il nome nell’agenda della teorica, non che questo da solo sia sufficiente a causare dei cambiamenti sociali. Con questa nuova definizione non solo allargo l’impalcatura concettuale del crimine di femminicidio, ma anche mostro come relazioni di dominio ingiuste creano crimini che non sono stati neanche catalogati come tali dalla ricerca criminologica o vittimologica. […] Questa nuova definizione la si può capire meglio attraverso la voce delle vittime, l’analisi delle istituzioni sociali, delle strutture organizzative sociali, e gli schemi relazionali costruiti sulla tradizione. [...] Accettare una più ampia definizione di femminicidio è solo un passo nello spiegare e lottare contro il sessismo femminicida e il lungo, sfibrante processo che conduce alla morte fisica o interiore. Più studiamo il femminicidio più scopriamo quanto sia un fenomeno enigmatico, per noi che non oltrepassiamo i limiti, dar voce a ciò che prima non aveva voce, o sollevare il velo del rifiuto lì dove da sempre l’atmosfera è statica.»
(Nadera Shaloub Kevorkian)

Il femminicidio ci riguarda tutte, entra quotidianamente nelle nostre case, dalle pagine dei giornali, nelle aule dei tribunali, dalle confidenze di conoscenti che magari non sono neppure consapevoli di esserne vittime, e credono che, in fondo, tutto sommato, nella coppia il conflitto violento sia un fatto “normale”.
L'otto marzo 2008, insieme alla avvocata Monica Miserocchi, come me dei Giuristi Democratici, ho conosciuto di persona la mamma di Barbara Cicioni, Simonetta Pangallo.
Simonetta, che l'estate prima proprio a Perugia aveva sentito un nostro convegno sul femminicidio, organizzato dalla Rete delle Donne Umbre, aveva riconosciuto esattamente questo in quello che era stato fatto a sua figlia.
Per questo, ci aveva voluto conoscere.
Per questo, ci aveva chiesto di costituirci parte civile nel processo. Per evidenziare la potenziale, disarmante “normalità” di quello che era stato fatto a sua figlia.
Per me, che stavo lavorando alacremente sul tema, che stavo per pubblicare anche il libro con i risultati di alcune delle mie ricerche, è stata una grande sfida, e così anche per Monica, che quotidianamente si trova ad affrontare casi di violenza di genere, ma mai si era trovata a dover ricondurre in un'aula di tribunale quello che pure era il suo impegno associativo di analisi e critica al diritto vivente.
Insieme, ci siamo dette, ce la possiamo fare. Si tratta di aprire un varco, di fare breccia in un sistema giuridico che ancora rifiuta di cogliere il nesso stringente tra la messa in crisi della cultura patriarcale e il numero crescente di omicidi di donne, di violenze in famiglia denunciate e non più subite.
Si trattava di rompere una giurisprudenza consolidata: perchè una associazione si possa costituire parte civile, deve dimostrare di aver subito un danno diretto dal fatto reato, in quanto lesivo delle finalità statutarie essenziali dell'associazione stessa.
Per capirci, nel caso di specie giurisprudenza avrebbe ammesso l'ammissione di un centro antiviolenza, che ha come scopo essenziale la tutela dei diritti delle donne che hanno subito o rischiano di subire violenza di genere.
Invero, i Giuristi Democratici sono una associazione a tutela dei diritti umani, e la costituzione come parte civile implicava, attraverso l'atto di costituzione, spiegare perché il femminicidio lede non solo i diritti delle donne, ma quelli dell'umanità tutta, perché non riconoscendo alla donna la dignità di persona ne viola i diritti fondamentali.
Un passaggio difficile, ma che tuttavia ha trovato un riconoscimento giurisdizionale, costituendo un importante precedente: la nostra associazione era stata ammessa con ordinanza al processo dal GUP.
Sulla nostra scia, molte altre associazioni di donne hanno scelto, a seguito del nostro appello pubblico, di costituirsi parte civile. Ben cinque.
Tuttavia, la Corte d'Assise ha ritenuto di espellerne tre, tra cui noi. Il motivo: in accoglimento di una giurisprudenza molto restrittiva della Cassazione, si è inteso mancante il requisito del radicamento locale in assenza di una sede a Perugia.
Invero, la sfida non era finita, continuava infatti l'interesse a rendere pubbliche le dinamiche di approccio accusatorio e della difesa a questo tipo di delitti.
Di qui la partecipazione al processo, le mie impressioni sull'interrogatorio, i report sulle conclusioni.
Di qui anche la necessità di condividere fin dall'inizio questo percorso con il movimento femminista.

La GUIDA al processo, scritta all'inizio di questo percorso, la si può trovare qui:
http://www.gennarocarotenuto.it/2530-il-femminicidio-di-barbara-cicioni-guida-al-processo-nei-confronti-di-roberto-spaccino/

CALENDARIO UDIENZE

11 maggio: Requisitoria P.M.
12 maggio: Conclusioni parti civili
14 maggio: Conclusioni difesa
15 maggio: Eventuali repliche
Alla fine la Corte si ritirerà in Camera di Consiglio, ai fini della decisione, e quindi comunicherà il dispositivo (assoluzione o condanna e quantificazione della pena)

IL FATTO

La notte del 24/05/2007 Barbara Cicioni fu trovata nella sua camera da letto, a terra, morta, incinta di otto mesi e mezzo, nella villetta dove abitava insieme al marito, contigua alle abitazioni degli altri famigliari del marito.
Nell'immediatezza dei fatti si pensò che l'omicidio fosse opera di malviventi entrati in casa a scopo di furto (la stessa famiglia ne aveva già subìto uno nei mesi scorsi).
Il suocero di Barbara Cicioni accusò dei fatti “una banda di albanesi”, lasciando dichiarazioni stampa nel senso che “questi extracomunitari bisogna ammazzarli tutti”.
Tuttavia, il 29 maggio, poche ore prima del funerale di Barbara, Spaccino fu tratto in arresto e, sulla base delle rilevanze emerse dalle indagini, gli furono contestati i delitti di omicidio volontario aggravato (futili motivi, crudeltà verso la vittima, rapporto di coniugio) per aver cagionato la morte della moglie Barbara Cicioni, procurato aborto, maltrattamenti nei confronti della moglie e dei figli minori, calunnia nei confronti di ignoti, simulazione di reato (simulazione del furto).

IL CAPO DI IMPUTAZIONE PER CUI ROBERTO SPACCINO È STATO TRATTO A GIUDIZIO

Ecco nello specifico i reati contestati :
CAPO A) delitto p.e p. dagli art. 5751, 577 1° comma n. 4 in relazione ai nn. 1 e 4 dell’art. 612, 577 comma 23 cagionando la morte di Barbara Cicioni in stato di gravidanza all’ottavo mese, con reiterate percosse al capo ed al volto, stringendola al collo ed occludendole gli orifizi respiratori, così cagionandole la morte per insufficienza cardio-respiratoria acuta da meccanismo combinato asfittico (ostruzione meccanica violenta delle prime vie respiratorie determinante un quadro di asfissia meccanica da soffocamento e strozzamento) ed inibitorio (compressione delle strutture pascolo-nervose della regione laterale del collo). Con le aggravanti di aver commesso il fatto in danno del coniuge, per futili motivi (consistiti in una discussione famigliare) e per aver adoperato crudeltà verso la vittima in stato di avanzata gravidanza e dolorante sul letto a causa di esteso gonfiore alle gambe, ritenzione dei liquidi e diabete gravidico e non grado di opporre resistenza alle mortali percosse. Campignano di Marscian , 24 maggio 2007;
CAPO B) delitto p. e. p. dall’art. 572 c.p.4 per avere maltrattato la propria moglie Cicioni Barbara con continue ingiurie, percosse, violenze psicologiche, nel corso dell’intera vita matrimoniale fino all’avvenuto omicidio di cui al capo A. Campignano di Marsciano, fino al 24 maggio 2007;
CAPO C) delitto p. e. p. dall’art. 572 c.p.5 per avere maltrattato i propri figli minori Nicolò e Filippo con violenza psicologica (costringendo i medesimi ad assistere ai continui soprusi e maltrattamenti nei confronti della madre) e minacce di morte. Campignano di Marsciano, fino al 24 maggio 2007;
CAPO D) delitto p. e. p. dagli art. 81, 3676, 3687, 61 n. 2 c.p.8 per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di conseguire l’impunità del delitto sub A, con dichiarazioni rese al P.M. in data 25.05.2007 (reiterato in data 26.05.2007) falsamente accusando soggetti ignoti di essersi introdotti a scopo di furto nella propria abitazione e di aver commesso il delitto di omicidio in danno di Ciccioni Barbara, pur sapendoli innocenti, nonché per aver simulato all’interno della propria abitazione, dopo avere egli commesso il delitto sub A, tracce tali da fare ritenere consumato il delitto di furto ad opera di ignoti (cassetti aperti ed apparentemente rovistati, cassaforte aperta con le chiavi inserite e vuota, etc.). Campignano di Marsciano, 24, 25, 26 maggio 2007;
CAPO E) delitto p.e p. dall’art. 18 commi 1, 2 e 4 L. 194/78 per aver causato l’interruzione della gravidanza di Barbara Cicioni mediante le lesioni mortali descritte sub A. Campignano di Marsciano, 24 maggio 2007;
CAPO D) delitto p.e p. dall’art. 368 c.p. per avere, nel corso dell’intero interrogatorio, reso al P.M. in data 15.06.2007, falsamente accusato soggetti ignoti di essersi introdotti a scopo di furto nella propria abitazione ed avere commesso il delitto di omicidio di Cicioni Barbara, pur sapendoli innocenti. Perugia, 15.06.2007. Per questo reato si è già avuta sentenza di assoluzione da parte del GUP di Perugia in quanto si è ritenuto che la fattispecie di reato non possa essere integrata nel momento in cui, come nel caso di specie, l'accusa era rivolta contro ignoti (banda di albanesi).

L'ESAME DELL'IMPUTATO

LE CONCLUSIONI DEL DIBATTIMENTO

La requisitoria del Pm

Condanna all'ergastolo, con interdizione perpetua dai pubblici uffici e interdizione legale, pubblicazione della sentenza, condanna al pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere, nonché delle parti civili, più il risarcimento del danno. Ed altri tre anni di reclusione, per la simulazione di reato.
Questa la richiesta del Pubblico Ministero, dott. ssa Duchini, presentata alla Corte di Assise al termine della sua requisitoria, durata ben nove ore, nella quale,capo per capo, imputazione per imputazione, ha con precisione riepilogato i punti principali dell'accusa per i singoli reati contestati all'imputato.
Gli elementi emersi in corso di dibattimento a suffragare le singole accuse sono gravi, precisi e concordanti. E non possono essere considerati, spiega la P.M, singolarmente, atomizzandoli per neutralizzarne la portata, ma vanno valutati alla luce di quello che è il contesto socio culturale.
A partire dalla definizione della famiglia Spaccino fornita dalla sua stessa madre: “la classica famiglia patriarcale contadina”.

Adesso sono davvero molto stanca e mi scuso per il mancato aggiornamento....a domani mattina !!

Le conclusioni delle parti civili
verrà aggiornato il 12 maggio

Le conclusioni della difesa
verrà aggiornato il 14 maggio

Il dispositivo
verrà aggiornato nel momento stesso in cui la Corte comunicherà il dispositivo

PERCHÈ È IMPORTANTE LA PARTECIPAZIONE AL PROCESSO

Anche se giuridicamente non esiste una fattispecie di femminicidio, tutte le ipotesi criminose di reato contestato contestate allo Spaccino indubbiamente rientrano nella definizione sociologica e criminologica del concetto, così come elaborata a livello internazionale (vedasi Spinelli B., Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale, Franco Angeli, 2008).
Cioè l’uccisione di Barbara Cicioni rappresenta l’atto ultimo di una serie di comportamenti svilenti, denigratori, violenti, che hanno caratterizzato il rapporto di Spaccino con la propria coniuge: un costante annientamento della libertà e della personalità di Barbara “in quanto donna”, perchè aveva scelto di rivendicare la propria autonomia decisionale non interpretando il classico ruolo di moglie e madre sottomessa e casalinga.
Un femminicidio perché Barbara mai è stata considerata nell’ambito relazionale dal marito un “soggetto” la cui sfera di dignità, integrità fisica e libertà morale di autodeterminazione andasse rispettata.

Le considerazioni che seguono sono tratte da:
Spinelli B., Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale, Franco Angeli, 2008, pp. 165-167.

“(…) per la prima volta, anche in Italia, il 18 marzo 2008, in un’aula di Tribunale si è parlato di femminicidio.
Questo è avvenuto in merito ad una situazione particolarmente emblematica, già da un anno sotto i riflettori dei media ed oggetto di attenzioni da parte del movimento femminista: si tratta del processo per l’omicidio di Barbara Cicioni, donna giovane, con due bambini, autonoma, imprenditrice, strangolata e soffocata dal marito mentre era incinta di ben otto mesi e mezzo. Si è parlato di questo caso come del classico esempio di femminicidio, in quanto è emersa dalle indagini la noncuranza con cui il marito di Barbara, l’imputato, usò violenza su di lei per tutta la durata della vita matrimoniale, picchiandola, denigrandola, tradendola, svalutandone le potenzialità anche davanti ad estranei, perché così riteneva normale per la “sua” donna: l’uccisione di Barbara è stato l’atto ultimo di un continuum di violenze e sopraffazioni volte ad annientarne la personalità, in quanto con la sua forza, con il suo carattere deciso, lei non era quella moglie sottomessa che il marito avrebbe voluto che fosse. Ad oggi inoltre è evidente il senso di noncuranza ed impunità dell’imputato, infatti è stata avanzata l’ipotesi che, per depistare le indagini, egli abbia simulato (o fatto simulare) un furto, commesso a suo dire da stranieri, e, nonostante l’ipotesi del furto sia stata comprovata come estremamente improbabile dagli esiti delle indagini, comunque egli continua a proclamarsi innocente. In questo processo le donne hanno deciso di manifestare la propria presenza, per rimarcare la natura pubblica della violenza sulle donne, il fatto che «per ogni donna violentata, offesa, siamo tutte parte lesa». Oltre ai presidi del movimento femminista locale (Rete delle donne Umbre e Sommovimento femminista di Perugia) e nazionale (Rete Nazionale Femministe e Lesbiche), che rivendicava la matrice culturale del femminicidio di Barbara Cicioni, in questo processo sono state ammesse come parti civili ben cinque associazioni. Si tratta di un evento degno di nota in quanto, oltre a tre associazioni che hanno come scopo specifico ed essenziale la difesa dei diritti delle donne, sono state ammesse anche due associazioni che hanno quale scopo la tutela e l’applicazione delle Convenzioni e norme in difesa dei diritti umani, e che nel loro agire in concreto si sono adoperate soprattutto per l’autodeterminazione delle donne e l’eliminazione di ogni discriminazione basata sul genere o sull’orientamento sessuale. Nello specifico, è simbolico il fatto che Giuristi Democratici
9, nel sostenere la propria ammissione, abbiano sposato una tesi ben precisa, rimarcando il fatto che le condotte dell’imputato rientrano nell’ipotesi di femminicidio, e che, in quanto tali, «hanno provocato una lesione del diritto soggettivo proprio dell’Associazione Nazionale Giuristi Democratici, da intendersi quale lesione dell’interesse concreto alla salvaguardia di situazioni storicamente circostanziate, di esplicita violazione dei diritti fondamentali delle donne e dei bambini riconducibili ad una cultura che non riconosce a tali soggetti la piena dignità di persone, ed in quanto tali assunte dall’associazione per farne oggetto delle proprie cure ai sensi delle finalità statutarie»10.
L’ammissione della costituzione dei Giuristi Democratici come parte civile in questo processo ha una fortissima valenza, in quanto riconosce che il femminicidio, e nello specifico la violenza domestica, non rappresenta solo una lesione dei diritti della donna, un fatto privato, né tantomeno è un “fatto di donne”, ma costituisce una profonda ferita per la società tutta, che, nel momento in cui alla donna non viene riconosciuta la dignità di Persona ed in quanto tale viene fatta oggetto di discriminazioni e violenze, è collettivamente responsabile per l’eliminazione di quella cultura e di quegli stereotipi che ancora oggi minano l’autodeterminazione, la libertà, la vita delle donne ed il sereno sviluppo dei bambini che, in ambito famigliare, assistono a queste violenze e ne subiscono le conseguenze in termini psicologici
11.
Il fatto che in Italia, oltre al tentativo di legittimazione sociale del concetto di femminicidio (volto a sottolineare come priorità nell’approccio alla violenza di genere il riconoscimento della sua matrice sociale e culturale e la responsabilità istituzionale nel contrasto a tali stereotipi che rendono possibile o legittimano la violenza), nel quale abbiamo visto impegnati il movimento femminista ed i Giuristi Democratici, il dibattito sia spostato in concreto in un aula di Tribunale, è emblematico di come dare un nome alla violenza misogina e sessista serva ad identificare il singolo episodio delittuoso come espressione di quella cultura discriminatoria che lo sottende, a contestualizzare l’atto di un singolo nel substrato sociale che lo rende possibile non stigmatizzandolo sufficientemente.
La presenza in aula di quante sono impegnate per l’eliminazione di ogni forma di discriminazione che ostacoli l’autodeterminazione della donna, già di per sé «dispensa lo stigma», denota un cambiamento culturale: infatti questa presenza attiva rende il momento di accertamento della responsabilità, aldilà dell’esito, un momento di messa in discussione pubblica delle credenze e delle motivazioni del singolo che sottendono l’atto femminicida, nonché un momento di attenzione volto ad evitare un uso strumentalmente discriminatorio del diritto che la difesa dell’imputato potrebbe tentare, evidenziando piuttosto, come parti civili, il danno morale emergente per la comunità tutta da questi atti, in quanto lesivi della dignità umana.”

NOTE

1 Omicidio.
2 per aver agito per futili motivi e adoperando crudeltà verso la vittima
3 per aver commesso il fatto in danno del coniuge
4 Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli
5 Maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli
6 Simulazione di reato
7 Calunnia
8 Aggravante di aver commesso il reato per occultarne un altro e assicurarsi l’impunità.
9 Rappresentati in giudizio dall’avv. Miserocchi, ma con un lavoro di squadra che ha visto me ed altre giuriste entusiaste partecipanti.
10 http://www.giuristidemocratici.it/what?news_id=20080319194017
11 Martini Eleonora, Omicidio Cicioni, «è femminicidio», in “Il Manifesto”, 20/03/2008, p. 6; Eduati Laura, Cicioni, «Fu femminicidio». Per la prima volta in Italia è una violazione dei diritti umani, in “Liberazione”, 22/03/2008, p. 7.

Nessun commento: